Mercoledì 10 Febbraio 2016 - Mercoledì delle Ceneri
MERCOLEDÌ DELLE CENERI
LETTURE: Gl
2,12-18; Sal 50; 2
Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18
Il Digiuno che Salva
«Lasciatevi
riconciliare con Dio! ... Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno
della salvezza» (seconda lettura). «Convertitevi e credete al Vangelo!» (Mc 1,15).
Con questi due
imperativi la comunità cristiana è convocata per accogliere l’azione
misericordiosa di Dio e ritornare a Lui. Il rito di imposizione delle ceneri può
essere considerato una specie di iscrizione al catecumenato quaresimale, un
gesto di ingresso nello stato di penitenti. Nei testi della liturgia la
penitenza si esplicita nella pratica del digiuno.
Se non cambia il cuore non cambia nulla
Sobrietà, austerità,
astinenza dai cibi sembrano anacronistici in questa società che fa del
benessere e della sazietà il proprio vanto. Ma è proprio questa sazietà che
rischia di renderci insensibili agli appelli di Dio e alle necessità dei
fratelli.
Per il cristiano il
digiuno non è prodezza ascetica, né farisaica ostentazione di «giustizia»,
ma è segno della disponibilità al Signore e alla sua Parola. Astenersi dai cibi
è dichiarare qual è l’unica cosa necessaria, è compiere un gesto profetico nei
confronti di una civiltà che in modo subdolo e martellante insinua sempre nuovi
bisogni e crea nuove insoddisfazioni. Prendere le distanze dalle cose futili e
vane significa ricercare l’essenziale: affidarsi umilmente al Signore, creare
spazi di risonanza alla voce dello Spirito. Il digiuno perciò riguarda tutto l’uomo
ed esprime la conversione del cuore. Rinnegare se stessi (cf Mt 16,24) non è moralismo
o mortificazione delle energie vitali, ma è cessare di considerare se stessi
come centro e valore supremo. In questo decentramento da sé, Cristo attua
ancora la sua vittoria sul male e l’uomo viene rinnovato a somiglianza di Lui.
Rinnovàti, per celebrare la Pasqua del Signore
In seno al popolo di
Dio, il digiuno fu sempre considerato come una pratica essenziale dell’anima
religiosa; infatti, secondo il pensiero ebraico, la privazione del nutrimento
e, in generale, di tutto ciò che è gradevole ai sensi, era il mezzo ideale per
esprimere a Dio, in una preghiera di supplica, la totale dipendenza di fronte a
lui, il desiderio di vedersi perdonato e il fermo proposito di cambiar
condotta. Tuttavia, di fronte all’aspetto formalistico istintivo che il digiuno
aveva preso, i profeti hanno ricordato il primato dell’amore verso Dio e verso
il prossimo.
Nell’azione
ecclesiale del digiuno c’è la presenza del Signore, senza del quale le opere
dell’uomo sarebbero un’autoglorificazione. In forza di questa presenza il
digiuno della Chiesa non è mesto e lugubre, ma gioioso, festivo. Digiunando, la
Chiesa esprime la propria vigilanza e l’attesa del ritorno dello Sposo (cf Mc 2,18-22;
Mt 9,14-15; Lc 5,34-35). Se da una parte lo Sposo è sempre presente alla sua
Sposa, dall’altra questa presenza non è ancora piena e va dunque, preparata e
sollecitata. La rottura definitiva del digiuno avverrà quando tutti saranno
assisi al banchetto del Regno (Is 25,6).
«Un cammino di vera conversione»
Il digiuno non si fa
per «risparmiare», cioè per motivi
economici, ma per amore di Dio. Un amore che si fa preghiera, ma che reclama la
sollecitudine per il prossimo, la solidarietà con i più poveri, un maggiore
senso di giustizia (cf Is 1,17; Zc 7,5-9). «Il nutrimento di chi ha bisogno sia
sostenuto dai nostri digiuni» (s. Leone Magno). In questo senso sono lodevoli
le iniziative individuali e comunitarie per una «quaresima di fraternità»; e la partecipazione alla Cena del Signore
diventa un gesto di povertà, di pentimento, di speranza, di annuncio. Chi
partecipa seriamente alla passione del Signore, tutt’oggi viva nei poveri della
terra, sa che il ritorno al Padre (quello proprio, come quello della comunità) è
cominciato, e che nella mortificazione della carne può fiorire lo Spirito della
risurrezione e della vita.
Sulla scia dell’odierna
pagina evangelica si possono verificare le espressioni di una vita di fede
autentica: carità fraterna, preghiera, digiuno. E’ questo «Il
trinomio per cui sta salda la fede... Il digiuno è l’anima della preghiera e la
misericordia è la vita del digiuno. Nessuno le divida... Chi prega digiuni...
Chi digiuna comprenda bene cosa significa per gli altri non avere da mangiare.
Ascolti chi ha fame, se vuole che Dio gradisca il suo digiuno... » (s. Pier Crisologo). Chi pone questi segni sa che il ritorno al Padre è
cominciato e che la risurrezione e la vita sono già germogliate.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State
attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere
ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro
che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba
davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per
essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro
ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò
che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre
tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che,
nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per
essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro
ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e
prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti
ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come
gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che
digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece,
quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non
veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo,
che vede nel segreto, ti ricompenserà».
LITURGIA DI PENITENZA
Raccogliamoci, fratelli carissimi, in umile
preghiera, davanti a Dio nostro Padre, perché faccia scendere su di noi la sua
benedizione e accolga l'atto penitenziale che stiamo per compiere.
O Dio, che hai pietà di chi si pente e doni la tua
pace a chi si converte, accogli con paterna bontà la preghiera del tuo popolo e
benedici
questi tuoi figli, che riceveranno l'austero
simbolo delle ceneri, perché, attraverso l'itinerario spirituale della
Quaresima, giungano completamente rinnovati a celebrare la Pasqua del tuo
Figlio, il Cristo nostro Signore. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.

Il Sacerdote asperge con l’acqua benedetta le ceneri
mentre fedeli processionalmente, si presentano al celebrante, il quale impone a
ciascuno le ceneri, dicendo:
Convertitevi,
e credete al Vangelo.