Giovedì Santo
Giovedì 24 marzo – Giovedì Santo
Ore
19.00, S. Messa in Coena Domini
LETTURE: Es 12, 1-8.
11-14; Sal 115; 1Cor 11, 23-26; Gv 13, 1-15
Dal vangelo secondo Giovanni
Prima della
festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo
mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.
Durante la
cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone
Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle
mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le
vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò
dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli
con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque
da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose
Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse
Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti
laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i
miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il
bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete
puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non
tutti siete puri».
Quando ebbe
lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro:
«Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e
dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i
piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un
esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
L’istituzione dell’Eucaristia come rito memoriale
della «nuova ed eterna alleanza» è certamente l’aspetto più evidente della
celebrazione odierna che del resto giustifica la sua solennità proprio con un
richiamo «storico» e figurativo dell’avvenimento compiuto nell’ultima cena. Ma è
lo stesso messale romano che invita a meditare su altri due aspetti dei mistero
di questo giorno: l’istituzione del sacerdozio ministeriale e il servizio
fraterno della carità. Sacerdozio e carità sono, in effetti, strettamente collegati
con il sacramento dell’Eucaristia, in quanto creano la comunione fraterna e
indicano nel dono di sé e nei servizio il cammino della Chiesa.
Gesù lava i
piedi ai suoi: è un gesto di amore
E’ significativo il fatto che Giovanni, nel riferire
le ultime ore di Gesù con i suoi discepoli e nel raccogliere nei «discorsi
dell’ultima cena» i temi fondamentali del suo vangelo, non riferisca i gesti
rituali sui pane e sul vino come gli altri evangelisti: eppure era questo un
dato antichissimo della tradizione, riportato in una forma ben definita dal
primo documento che ne parla, la lettera di Paolo ai Corinzi (prima lettura).
Giovanni richiama l’attenzione sul gesto di Gesù che lava i piedi ai suoi e
lascia, come suo testamento di parola e di esempio, di fare altrettanto tra i
fratelli. Non comanda di ripetere un rito, ma di fare come lui, cioè di rifare
in ogni tempo e in ogni comunità gesti di servizio vicendevole — non
standardizzati, ma sgorgati dall’inventiva di chi ama — attraverso i quali sia
reso presente l’amore di Cristo per i suoi («li amò sino alla fine»). Ogni
gesto di amore diventa così «sacramento», cioè visibilizzazione, incarnazione,
linguaggio simbolico dell’unica realtà: l’amore del Padre in Cristo, l’amore in
Cristo dei credenti.
Gesù dà se
stesso in cibo: è il sacramento dell’amore
Il Giovedì santo, con il suo richiamo «anniversario»
all’evento dell’ultima cena, pone al centro della memoria ecclesiale il segno
dell’amore gratuito, totale e definitivo: Gesù è l’Agnello pasquale che porta a
compimento il progetto di liberazione iniziato nel primo esodo (cf prima
lettura); il suo donarsi nella morte è l’inizio di una presenza nuova e
permanente; «il suo corpo per noi immolato è nostro cibo e ci dà forza, il suo sangue
per noi versato è la bevanda che ci redime da ogni colpa» (prefazio della ss.
Eucaristia I). Partecipare consapevolmente all’Eucaristia, memoriale dei
Sacrificio di Gesù, implica avere per il corpo ecclesiale di Cristo quel
rispetto che si porta al suo corpo eucaristico. La presenza reale del Signore
morto e risuscitato nel pane e nel vino su cui si pronuncia l’azione di grazie
(cf seconda lettura), si estende, sia pure in altro modo, alla persona dei
fratelli, specialmente dei più poveri (cf tutto il contesto della 1 Cor 11).
«In questo grande mistero tu (o Padre) nutri e santifichi i tuoi fedeli, perché
una sola fede illumini e una sola carità riunisca l’umanità diffusa su tutta la
terra» (prefazio della ss. Eucaristia II). Chi dunque fa discriminazioni, chi
disprezza gli altri, chi mantiene le divisioni nella comunità «non riconosce il
corpo del Signore». La sua non è più la Cena dei Signore, ma un rito vuoto che
segna la sua condanna.
Il sacerdozio
nasce dall’Eucaristia: è il dono per l’unità
All’interno della comunità, i rapporti reciproci
sono valutati in chiave di servizio e non di potere, e trovano la loro più
perfetta espressione nel momento dell’azione eucaristica. Chi «presiede»
la comunità e ne è responsabile, presiede anche l’Eucaristia: la raccoglie
nella preghiera comune, come la unisce nelle diverse attività della parola e
dell’aiuto reciproco.
Il Concilio Vaticano II afferma: «I Presbiteri... ad
immagine di Cristo, sommo ed eterno Sacerdote, sono consacrati per predicare il
vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti dei
Nuovo Testamento... Esercitando, secondo la loro parte di autorità, l’ufficio
di Cristo Pastore e Capo, raccolgono la famiglia di Dio, quale insieme di
fratelli animati da un solo spirito, e per mezzo di Cristo nello Spirito li
portano al Padre... » (LG 28). «Il senso ultimo del sacerdozio di Cristo e di
ogni sacerdozio che da lui trae origine, è quello di essere modello per tutti
coloro che offrendosi in lui, con lui, per lui in sacrificio a Dio gradito,
mettono la loro vita a servizio dei fratelli.... Cristo e il suo mistero vive e
perdura nella Chiesa; la Chiesa non fa altro che rendere attuale questo mistero
di salvezza mediante la Parola, il Sacrificio, i Sacramenti, mentre riceve in sé
per la forza dello Spirito Santo, la vita del suo Signore da testimoniare nel
mondo... Da questa sacramentalità della Chiesa... scaturisce il significato
essenziale della consacrazione-missione di quanti sono chiamati a predicare il
Vangelo, a presiedere le azioni di culto e a svolgere un ruolo di guida del
popolo di Dio» (Ordinazione del Vescovo, dei Presbiteri e dei Diaconi, Premesse,
p. 12).