Concerto del Piccolo Coro "Mariele Ventre" dell'Antoniano di Bologna
UN BELLISSIMO GIORNO
DI FESTA
Articolo e foto di
Barbara Trivani,
gentilmente concesse
dalla Redazione di Vita Nuova
Come già detto nello scorso numero, il
concerto del Piccolo coro dell’Antoniano “Mariele Ventre” di domenica scorsa è la
prima di una serie di manifestazioni che culmineranno ad ottobre in occasione del
cinquantesimo anniversario della parrocchia Madonna del Mare. La scelta di
portare a Trieste il coro di voci bianche più famoso d’Italia non si deve
leggere in termini di fama bensì di messaggio francescano, di uno stile di vita
che accomuna i parrocchiani di Madonna del Mare con il piccolo grande mondo
dell’Antoniano. Lo spiega la stessa direttrice Sabrina Simoni che l’Antoniano è
prima di tutto apertura, solidarietà e soprattutto servizio, al quale gli
stessi bambini partecipano in modo attivo (solo poche ore prime di partire
erano impegnati nell’iniziativa “Tutti a tavola” dove loro stessi hanno servito
il pranzo per poi animare il pomeriggio con il canto). I frati minori infatti
non offrono solo un metodo educativo creativo attraverso vari corsi e attività -
di cui il Piccolo Coro è parte - ma ha un’intensissima attività a favore dei
bisognosi che ha come fulcro la mensa, luogo deputato all’inizio di un percorso
di ascolto, aiuto e condivisione. Da qui il progetto legato allo Zecchino d’oro
“Operazione Pane” a sostegno delle mense francescane in Italia.
E nello stesso clima di letizia francescana i
parrocchiani di Madonna del Mare hanno accolto questi bimbi, i loro genitori,
la direttrice Sabrina Simoni e lo staff organizzativo. Niente ristorante,
niente teatro e camerini. Per loro hanno donato semplicemente la “casa comune”
addobbando la chiesa, preparando il pranzo e soprattutto donando affetto e
tanti sorrisi emozionati.
Perché celebrare un Giubileo è un po’ come
aprire l’album delle fotografie e far uscire i ricordi, dice padre Andrea
Tomasi nel breve saluto di presentazione del concerto. E non c’è niente di più
vero in questa semplice frase. Per chi ha vissuto anche in parte questi primi
cinquant’anni di vita francescana in questa parrocchia, per chi è salito al
colle di San Vito per portare figli e nipoti ad ascoltare “Lo Zecchino”, per
quel gruppo di ragazzi che è facile intuire siano i genitori dei cantanti.
Stanno in gruppo in fondo alla chiesa e sembrano lo specchio del coro che
canta, sottovoce, muovendosi nello stesso identico modo dei loro figli. Forse
alcuni di loro avranno fatto la stessa esperienza da bambini… chi lo sa. La
magia del coro “Mariele Ventre” sta proprio in quell’album di ricordi che
ognuno di noi adulti conserva gelosamente. La sigla dello spettacolo dice “siamo
noi, lo Zecchino siamo noi” e in effetti, guardando i volti delle persone che
gremiscono la chiesa si intuisce quanto questo sia vero, dai bimbi che ballano,
che giocano seduti a terra cantando, agli anziani con gli occhi lucidi, allo
sguardo amorevole e sorridente del nostro Vescovo. Ma è guardando ai miei
coetanei, alle persone che incontro alla fine del concerto che mi rendo conto
di quanto questo patrimonio musicale sia un tesoro prezioso nella vita di
ognuno. Spesso si sente riecheggiare con commozione il nome di Mariele, la
storica direttrice che con il suo sorriso è riuscita negli anni a “bucare lo
schermo”, a entrare nelle nostre case e a istillare in me e in tantissime altre
persone la gioia del canto.
Ricordi bambini saldamente incatenati al personale
di ognuno, parole e melodie mai dimenticate come “Popoff”, “Il valzer del
moscerino” ma anche le ormai famosissime “Tagliatelle di nonna Pina” e… chi non
ricorda la fatidica domanda “Il coccodrillo come fa?”.
Il Piccolo Coro è nato nel 1963 ma è rimasto
bambino per scelta. Canta le canzoni di una volta e continua a proporne di
nuove, come “Meraviglioso è” e la splendida “La rosa e il bambino” — vincitrice
dell’ultimo Zecchino — senza dimenticare
che dietro c’è un progetto corale ben preciso di cui “Che ragno stravagante” e
la “Angelalla ama la libertà” fanno parte.
Il Piccolo Coro però non è solo
“Quarantaquattro gatti” è anche animazione liturgica, preghiera. E lo si
percepisce chiaramente nello splendido “Dolce sentire”.
Alla fine del concerto i cantanti escono
ordinati. Niente divi. Che sia la Cina o la nostra città, che sia il Papa o un
bimbo ad ascoltarli, loro restano solo dei semplici bambini tra altri bambini
mentre gli adulti si salutano con un abbraccio, padre Andrea e Sabrina Simoni
sorridono. C’è un calore solare che scalda questo pomeriggio grigio di pioggia.