Articolo su "Vita Nuova"



Padre Andrea, la presenza dei Frati Minori sull’attuale territorio della parrocchia risale al 1926 e ora giunge il momento di dover chiudere l’esperienza. Quale è la ragione di questa scelta?

Possiamo dire che la ragione è essenzialmente una sola: il calo del numero dei frati nel nuovo territorio della provincia religiosa.
Infatti, dal 2016 tutte e sei le province religiose dei frati minori del Nord Italia si sono unite in un’unica provincia. Questo processo di unificazione (comune a molte altre realtà religiose in tutto il mondo, ma soprattutto nel continente europeo) si è reso necessario proprio per affrontare il calo del numero dei frati. La fusione delle province del Veneto, dell’Emilia Romagna, della Lombardia, del Trentino, della Liguria e del Piemonte ha permesso di semplificare il numero di frati impegnati in diversi incarichi - pensiamo al governo stesso della provincia e a molti altri ambiti come la formazione, la pastorale vocazionale ecc. – e a programmare una ridistribuzione dei frati stessi nel nuovo e grande territorio del Nord Italia. Ma nonostante questo, il grande numero di presenze (conventi) e l’esiguo numero di frati, ha obbligato il governo della Provincia Religiosa a operare una serie di chiusure. La coperta è corta e da qualsiasi parte la si tiri, qualcosa rimane sempre scoperto. Madonna del Mare non è la prima chiusura. Anzi, ce ne sono state molte altre in questi tre anni e anche prima, e purtroppo se ne prevedono ancora. Il divario tra i Frati che incontrano Sorella Morte, che sono anziani, infermi e ammalati e coloro che si avvicinano alla nostra vita ed entrano nell’Ordine è troppo grande. Si pensi che in questi tre anni sono morti quasi 90 frati, che equivale a circa 12-15 conventi. Il calo delle vocazioni è impressionante. Pregare per le vocazioni e agire e operare per esse è la prima cosa che ogni comunità parrocchiale deve fare: ritengo, anzi, sia la priorità: “Pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”.


Madonna del Mare è una parrocchia strutturata, nel tempo, sullo spirito e il carisma specifico della vostra comunità religiosa. Ora, per assicurare la cura pastorale, passa alla Diocesi. Quale eredità lasciate e cosa si potrà conservare dello spirito francescano?

Il carisma francescano non scompare perché vanno via i frati. Il testimone viene passato nelle mani delle Sorelle Francescane del Vangelo e in quelle dell’Ordine Francescano Secolare. Ma forse più ancora il testimone è nei parrocchiani stessi che sono nati e cresciuti con questo stile pastorale. Il lavoro, la forza pastorale, il dinamismo spirituale e la santità di molti frati hanno agito in profondità nel cuore e nella vita di moltissime persone ed è questo stile di comunità e fraternità che esprimerà questa eredità francescana.
Ricordo che una volta un frate missionario ci raccontava che, passando di nascosto per alcuni villaggi della Cina che erano stati evangelizzati in passato ma poi investiti dalla rivoluzione maoista, ha scoperto che gli anziani avevano conservato e trasmesso la fede cristiana che i frati avevano annunciato in pochi anni di presenza missionaria. Non ci sono stati preti, frati e suore per decine e decine di anni, eppure gli anziani continuavano, di nascosto, a battezzare, pregare e a trasmettere il Vangelo di Gesù.
Lo spirito francescano d’ora in poi si trasmetterà perché ormai fa parte del DNA di questa comunità: è insito nel cuore e nelle pietre e quindi non verrà meno.


Nella recente Visita Pastorale emergeva una realtà parrocchiale alquanto attiva e con molteplici attività e presenze permeate dalla vostra “vivacità francescana”. Eredità complessa e preziosa che passa nelle mani del nuovo parroco don Valerio Muschi.

In parrocchia sono presenti diversi gruppi, espressione dello Spirito Santo che agisce per l’unità della Chiesa e della comunità parrocchiale, pur nella diversità dei carismi.
Noi frati abbiamo sempre proposto una catechesi settimanale per gli adulti, come pure l’Azione Cattolica, secondo il proprio carisma, e l’Ordine Francescano Secolare, per trasmettere e testimoniare la spiritualità francescana a coloro che desiderano seguire lo stile del Santo di Assisi, nella loro vita di laici, di sposi, di lavoratori, di giovani.
Importante è la presenza del gruppo della S. Vincenzo parrocchiale che si adopera per sovvenire alle difficoltà e alla povertà di tante, troppe famiglie della nostra comunità e per dare dignità alle persone che tendono la mano per ricevere non solo un aiuto materiale, ma prima di tutto affetto, ascolto e accoglienza.
Ci sono poi tantissime altre persone che si danno da fare un po’ in tutti gli ambiti della vita della parrocchia; che donano tempo, energie, capacità per la gestione, l’animazione e la cura delle attività e degli ambienti parrocchiali.
Ma con don Valerio, prossimo parroco, l’eredità più preziosa che condivido è la pastorale giovanile. In questi ultimi anni, infatti, abbiamo unificato la proposta pastorale verso i giovani e i giovanissimi. È nato un gruppo inter-parrocchiale che è cresciuto, maturato e si è impegnato in moltissime attività e nella gestione dei campi estivi parrocchiali.
Ma il denominatore comune di tutte queste persone che vivono e operano per la comunità è proprio lo stile fraterno francescano che generazioni e generazioni di frati hanno cercato di trasmettere. Uno stile che nel mio mandato come parroco ho cercato di trasmettere attraverso l’insegnamento di don Tonino Bello, terziario francescano, vescovo di Molfetta, di cui è stato avviato il processo di beatificazione. Nei suoi scritti don Tonino insegna a trasformare la stola in grembiule e il grembiule in stola. È quello che in questi anni noi frati, le Suore e tutti i parrocchiani abbiamo cercato di fare.


Per quindici anni lei è stato alla guida di Madonna del Mare. Molti, indubbiamente, i ricordi, le esperienze condivise, le persone incontrate e i confratelli che si sono succeduti nella vita del convento e della parrocchia. Cosa vuole dirci in proposito?

I frati che si sono succeduti a Madonna del Mare in questi 95 anni sono circa un centinaio. Ognuno, con forme e stili differenti, ha lasciato qualcosa non soltanto nella struttura della parrocchia, ma molto di più nella memoria, negli affetti e nel cuore della comunità. Dai pionieri che stavano a S. Antonio Nuovo e venivano qui nella cappella di via De Amicis fino a noi che, purtroppo, chiudiamo la porta. Dai costruttori della chiesa e questuanti di pietre quali P. Gerolamo, P. Benigno e P. Venanzio o fra Giusto, questuante di cibo per i frati e per la gente povera e affamata nel dopoguerra, fino agli ultimi P. Cherubino, instancabile confessore, P. Teodoro, musico e insegnante, P. Gildo, cappellano dei cantieri navali, fra Tullio, ordinato diacono proprio nella nostra chiesa, fino al più anziano, P. Vittorio, che sta nella nostra infermeria da poche settimane con qualche acciacco, nonostante i suoi 93 anni.
E poi c’è P. Gabriele, primo parroco in questa parrocchia per 35 anni. Infine sono arrivato anch’io, secondo e ultimo parroco in questi ultimi 15 anni.
È impossibile ricapitolare tutto in poche righe; come per tutte le cose ci sono stati gli alti e i bassi; i momenti belli ed entusiasmanti e quelli più difficili e talvolta anche dolorosi. Il primo pensiero va alla celebrazione della vita che si manifesta dal suo inizio, dalla nascita, dal Battesimo, fino al suo compiersi, al suo ritornare in Dio. La gioia dei piccoli che imparano a conosce Dio nel catechismo e nei sacramenti; l’amore stesso di Dio che si esprime nell’amore sponsale; l’irruenza e il dinamismo dei giovani; la sapienza e la pazienza degli anziani. Celebrare la vita significa anche dare valore e senso al passaggio da questa esistenza alla vera vita. Porto nel cuore le tante persone a cui abbiamo dato il saluto cristiano e i loro familiari. Bambini, giovani, coetanei, padri e madri di famiglia, anziani, confratelli che Sorella Morte ha portato con sé… credo sia l’esperienza più intensa che un parroco o sacerdote vive nel suo ministero: si deve credere e aiutare a credere che al di là dell’abisso della morte ci attende la vita in Cristo. Solo se si riesce a risalire nella fede questa china così umana e drammatica, si può celebrare la vita in tutti suoi aspetti.
Tra le tantissime altre cose, un ricordo particolare va all’evento della Missione Parrocchiale nel 2010. È stata una grande occasione di rinnovamento spirituale e pastorale. Ha coinvolto moltissime persone e tanti sono stati coloro che hanno condiviso tempo e competenze per la vita della parrocchia.


Delicato passaggio di consegne che avviene in prossimità del cinquantesimo anniversario della parrocchia che ha visto molte opere e manifestazioni per celebrare l’evento. Cosa è stato fatto e cosa resta da perfezionare?

Il cinquantesimo della parrocchia cade il 12 ottobre. Purtroppo, sapendo che in quella data noi frati non ci siamo più, insieme con i miei collaboratori abbiamo organizzato un evento veramente significativo: abbiamo celebrato questo giubileo con un concerto del Piccolo Coro dell’Antoniano Mariele Ventre, più conosciuto come il coro dello Zecchino d’Oro.
Non è stato solo un concerto. È stata ancora una volta una prova di generosità, lavoro e collaborazione di tantissime persone che si sono date da fare perché questo evento risultasse perfetto. E così è stato, eccezion fatta per la pioggia.
Con questo concerto, con questo meraviglioso coro di bambini abbiamo voluto festeggiare la nostra comunità parrocchiale che sì, celebra 50 anni, ma che in realtà, nonostante il tempo che passa, vive sempre quella freschezza e primavera dell’azione dello Spirito Santo che la spinge, anche in questo passaggio così importante, a rinnovarsi e crescere, proprio come un fanciullo che ha davanti a se tutta la vita; a celebrare e ricordare con la voce e il canto dei bambini, una presenza che, nonostante il tempo che passa, è sempre giovane e lieta nel vivere e testimoniare la propria comunione e il proprio dinamismo, non solo nella comunità ecclesiale e diocesana, ma anche nel territorio.


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