7 agosto 2016 - Apertura della Porta Santa a Muggia Vecchia




  
Omelia   nella   S. Messa   di   apertura
della   Porta   Santa
nel   santuario   di   Muggia   Vecchia


da  parte  di  Padre  Andrea  Tommasi,  ofm
Parroco  di  Madonna  del  Mare,
Vicario  Episcopale  per  la  Vita  Consacrata

Desidero innanzi tutto esprime la mia gioia di condividere con tutti voi questo momento così importante che stiamo vivendo salutando le autorità presenti, la presidente della Provincia di Trieste, la sindaca di Muggia e le vice sindache di Ankarano e Koper, le comunità cristiane di questa parrocchia e di Ankarano con i loro pastori Don Andrea e Don Franz, e tutti voi fedeli, affezionati e amici di questo santuario e devoti della Beata Vergine Maria. Un grazie di vero cuore soprattutto al nostro Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, che ha voluto l’apertura di questa Porta Santa.

Ci siamo radunati in un valico di confine e siamo partiti da quel luogo per arrivare a questo santuario. Il cammino fatto è immagine e simbolo di un percorso penitenziale che deve caratterizzare la nostra volontà di superare ogni divisione, ogni separazione in noi stessi, nei confronti del prossimo e nei confronti di Dio per arrivare riconciliati, rinnovati e purificati all’incontro con il Dio della Misericordia attraverso il gesto del passaggio della Porta Santa che abbiamo appena spalancato.

Mai, come in questi tempi, dopo tanti anni che sembravano aver dato una svolta a molte differenze e tensioni, il termine “confine” è ritornato presente nel linguaggio e nella cronaca quotidiana, riaprendo ferite, ricordi ed esperienze di sofferenza e di dolore, di paura e di diffidenza, che si rinnovano in tantissime persone, in popoli interi, che stanno davanti alle barriere di filo spinato, o a confini larghi come il mare, o chiusi dentro i campi profughi.

Confini che sono immagine anche del limite del nostro cuore, del recinto del nostro egoismo, che segrega anima, mente e cuore, e ci rende prigionieri del male e del peccato.

Noi siamo partiti da questi confini, da questi limiti, popoli diversi, culture e tradizioni differenti, ma abbiamo fatto a ritroso quel disperdersi dei popoli ai piedi della torre di Babele, riscoprendo e usando quell’unico linguaggio che ci può nuovamente riunire, il linguaggio universale della preghiera, il linguaggio universale della fede, per andare verso una porta, per aprirla e per passarvi oltre, per uscire dalle nostre schiavitù, per rompere le catene dell’egoismo e vivere nella libertà e nella grazia di figli di Dio, amati e partecipi della sua stessa vita.

La Porta Santa è l’immagine di Cristo stesso. Leggiamo nel vangelo di Giovanni: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (10,9). Noi siamo passati attraverso Cristo per trovare o ritrovare la salvezza. Ci siamo passati molte volte nella vita, e lo abbiamo ricordato anche nei gesti che abbiamo compiuto fino ad ora, come ad esempio il gesto di benedizione con l’acqua santa, che ricorda il nostro Battesimo, la porta per eccellenza che ci conduce alla salvezza e inserisce la nostra vita nella vita divina. Ma pensiamo anche al sacramento della riconciliazione, all’Eucarestia, al sacramento del matrimonio, mediante il quale gli sposi diventano ‘piccola Chiesa domestica’.

Ma oggi, in questa settimana così particolare per questo santuario, e in questo tempo, in questo anno che è il Giubileo della Misericordia, ci è concesso il dono di fare esperienza, in modo straordinario, della misericordia di Dio, attraverso il perdono dei nostri peccati, della cancellazione delle colpe e delle pene, e di far scaturire da questa sorgente di grazia, la volontà di un rinnovamento della mente e del cuore, che si deve manifestare in quella strada speciale e straordinaria, che lo stesso papa Francesco ci ha indicato, e che continua il percorso che abbiamo iniziato prima, la strada, o meglio, le 14 strade che sono le opere di misericordia spirituale e corporale. Da un confine, che diventa immagine del limite, del peccato, camminiamo verso Cristo e in Cristo, per passare la Porta Santa, e uscire rinnovati, purificati verso il prossimo, verso i fratelli, verso il mondo intero, e verso di essi, come diceva San Francesco d’Assisi, usare misericordia e carità.

Infatti, è nella carità attiva, che il cristiano, ciascuno di noi, può crescere in quella beatitudine di essere “servi pronti e vigilanti”, come la pagina evangelica che abbiamo appena ascoltato, ci esorta ad essere. Una vigilanza, che non è paura del momento finale della nostra esistenza, ma capacità di cogliere e vedere attraverso la fede, - come abbiamo sentito nella seconda lettura: “la fede è prova di ciò che non si vede”, - dicevo, vedere tutte le occasioni e opportunità di grazia e carità che il Signore mette lungo il cammino della nostra vita. Questa fede, diventa una sorta di lente spirituale che, posta davanti alla nostra umana visione delle cose, ci permette di contemplare la continua venuta di Cristo nelle situazioni quotidiane della vita, nelle persone e nelle ordinarie relazioni, ed essere trovati pronti nell’amore e nella carità.

Passare la Porta Santa non è solo un rito, o un atto propiziatorio, ma diventa un gesto carico di significati spirituali e simbolici. Non possiamo non andare con la memoria alla parabola evangelica del Padre Misericordioso che riaccoglie, abbracciando, il figlio che si era allontanato da casa rovinando la sua vita, il quale, pentito, sente la nostalgia, il vuoto nel cuore. Oppure l’auto invitarsi di Gesù nella casa di Zaccheo, dopo che lo ha invitato a scendere dall’albero, il sicomoro, per accoglierlo. O ancora la dolce e familiare ospitalità di Marta, Maria e Lazzaro. Passare per la Porta Santa significa ed esprime la dolcezza di ritornare a casa. Come quando si parte per un viaggio, ci si allontana per il lavoro, si va in ospedale o si è costretti per innumerevoli e svariati motivi a chiudersi alle spalle la porta di casa. Al ritorno, essa diventa come un traguardo, come la meta di un lungo cammino che ci reintroduce nell’intimità e nell’affetto della dimora e delle relazioni più care e importanti. Così è il nostro passare questa Porta Santa: il ritrovare la familiarità con Dio,il sentire il suo abbraccio, il gustare la sua misericordia, il gioire della sua bontà che si manifesta nell’accoglienza, nel perdono, nella comunione con lui e con i fratelli.

Una familiarità divina che si esprime anche nella comunione dei santi. Il posto d’onore lo occupa la Beata Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra. Qui a destra, in questo pilastro, è raffigurata in questo affresco come colei che tiene in braccio il Figlio suo e lo porta avanti, lo presenta, lo dona a noi. “Per Maria, ad Jesum”, afferma un antico detto cristiano. “Maria porta del cielo”, canta tutta la Chiesa, e abbiamo cantato anche noi in processione, nella preghiera delle litanie lauretane. Anche nella Porta Santa della Cattedrale di San Giusto, è raffigurata in bassorilievo la Vergine Maria, e guardando attraverso la Porta Santa, come in questa, lo sguardo va all’abside, dove è raffigurata, qui in una statua lignea, e a San Giusto, in modo straordinario nel mosaico, insieme agli apostoli, cioè a tutta la Chiesa, che indica il Figlio suo, realmente presente nelle specie eucaristiche conservate nel tabernacolo.

Concludo questa riflessione con una similitudine. Lo ammetto, un po’ di parte, ma che ben si addice a ciò che stiamo vivendo e celebrando. Giovedì scorso, il 4 agosto, avrete sicuramente visto per televisione il pellegrinaggio di Papa Francesco alla chiesa della Porziuncola in Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Vedendo quelle immagini, ascoltando il silenzio orante e successivamente l’omelia del Sommo Pontefice, ho colto il forte legame tra quel luogo e la sua spiritualità e ciò che noi oggi abbiamo celebrato e iniziato.

Entrambe le chiese, la Porziuncola e questo santuario, sono piccolissime, eppure contengono un tesoro immenso e straordinario, che è la presenza di Dio che si fa Parola e Pane, Misericordia e Chiesa; San Francesco ha chiesto per la Porziuncola l’indulgenza che ora chiamiamo del “Perdon d’Assisi”, anche a questa Chiesa è stata concessa la grazia di avere una Porta Santa come tutte le più grande basiliche, cattedrali e santuari nel mondo; la Porziuncola, insieme alla chiesa di San Damiano, fu restaurata da San Francesco, prima di capire che doveva restaurare la Chiesa fatta di persone; anche questa chiesa, antico primo nucleo abitativo del luogo, è diventata nel tempo un centro e un punto di riferimento sempre più importante per le comunità cristiane qui attorno,e quindi custodita, ricostruita, riparata, servita.

Papa Francesco ha detto che quella piccola e semplice Chiesa, la Porziuncola, inglobata e protetta dentro la più grande e maestosa basilica di Santa Maria degli Angeli, la si può paragonare alla grande e universale struttura e corpo della Chiesa: la Basilica raffigura l’organizzazione, la gerarchia, il pensiero teologico, le forme di apostolato e pastorale, le leggi, la ricchezza di attività e di carismi; la Porziuncola è il cuore, nascosto, piccolo, prezioso, ma ricchissimo di misericordia. Il cuore che da vita, che irrora tutto il corpo della Chiesa, la quale riceve ogni grazia e benedizione da questa fonte di amore e misericordia.

E allora auguro che anche questa piccola chiesa, questa porzione di grazia e paradiso, diventi sempre più il cuore che da vita a questa parrocchia, a tutte le comunità vicine e alla nostra Diocesi. Anche mediante la sua attività pastorale rivolta soprattutto ai giovani e alla cura delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, diventi sempre più quel cuore pulsante di grazia e bene per tuta la Chiesa.

Nella vita di ognuno, nell’arco della nostra esistenza, noi portiamo nel cuore tanti ricordi positivi, eventi gioiosi, persone care, ma l’esperienza di essere accolti, o riaccolti, perdonati e amati, di essere riscattati dalle nostre fragilità e cadute e ristabiliti nella nostra dignità, penso sia la cosa più grande e bella, che ciascuno può conservare nel proprio cuore e nella propria memoria; e il Giubileo che stiamo vivendo, la Porta Santa che abbiamo appena aperto, ci sono donati per fare esperienza proprio di questo.

E allora, usando le parole dell’evangelista Giovanni citate all’inizio, “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo”, viviamo questo tempo per incontrare il Cristo, ricevere da lui misericordia, e vivere rinnovati e ricolmi della sua Grazia.

Sia lodato Gesù Cristo.



 



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