Venerdì Santo
venerdì 25 marzo 2016
Venerdì Santo
LETTURE: Is 52, 13 - 53,
12; Sal 30; Eb 4, 14-16; 5, 7-9; Gv 18, 1 - 19, 42
Cristo vero Agnello Pasquale
Oggi la comunità cristiana non
celebra l’Eucaristia perché il clima di festa non si addice all’evento che
riempie il suo ricordo e motiva il suo digiuno (cf Mc 2,19-20): la morte del
suo Signore e Sposo. L’azione liturgica è dominata dalla croce; manifestazione
luminosa dell’amore divino spinto alla follia, la croce lascia spazio solo al silenzio
e alla contemplazione.
«Per le sue piaghe siamo stati
guariti»
I profeti (cf prima lettura)
descrivono il Servo del Signore nel momento in cui attua la missione di liberare
il popolo dai peccati: come agnello innocente, carico dei delitti del suo
popolo, si lascia condurre in silenzio al macello. E proprio dalla sua morte
liberamente accettata sgorga la giustificazione «per i molti».
Le scelte di Dio sono
sconcertanti: l’onnipotenza rinuncia ad imporsi con la forza e diventa
impotenza. Ma il fallimento e la sconfitta, frutto della dedizione a Dio e agli
uomini, sono vissuti da Gesù con incrollabile fiducia nella paternità di Dio.
Gesù muore nel momento in cui nel
tempio si immolano gli agnelli destinati alla celebrazione della Pasqua: la sua
è un’immolazione «reale», un sacrificio compiuto una volta per tutte, perché la
vittima «spirituale» ha reso inutili le vittime materiali. Dal suo fianco
trafitto sgorga il sangue da cui sono misteriosamente segnati gli appartenenti
al nuovo popolo, quelli che Dio salva (cf Es 12,7.13). Cristo crocifisso è
dunque il «vero Agnello pasquale», è lui la «nostra Pasqua» immolata (cf I Cor 5,7).
«Vero» perché è la realtà di ciò che i sacrifici antichi esprimevano:
l’alleanza con Dio e l’inserimento nel suo progetto di salvezza.
Una morte per la vita
La passione di Gesù è veramente
una «passione gloriosa» perché il Padre ha già dato la sua risposta che
trasforma la sconfitta in vittoria e il luogo dell’infamia in centro di
attrazione universale: «Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me!» (Gv
12,32). Nella carne dell’Agnello immolato «tutto è compiuto» (Gv 19,30), si
attua la salvezza voluta dai Padre, quella di riunire in unità i figli di Dio
dispersi dal peccato (cf Gv 11,52); attraverso il sangue dell’Agnello pasquale
Dio riconcilia a sé l’umanità ed essa può entrare (cf Eb 4,16: seconda lettura)
in comunione vitale con Dio; nella morte di Cristo lo Spirito è riconsegnato al
Padre perché lo effonda sugli uomini, come sorgente di vita nuova.
La croce diventa così il cuore
del mondo. Da essa si è innalzata al Padre la preghiera di Cristo per la
salvezza di tutti. Unita al gesto sacerdotale dei suo Signore la Chiesa eleva
la grande intercessione: tutto è radunato sotto la croce, perché solo in questo
mistero di morte e di risurrezione possono trovare soluzione i problemi e i
drammi che coinvolgono la storia della Chiesa e dell’umanità. Tra le molteplici
invocazioni emerge la supplica per l’unità dei cristiani. La croce svela il
dramma della divisione fra le Chiese e diventa implicita accusa di un peccato
originato dalla poca fedeltà alla croce e dall’orgoglio. Per ultimi, uniti da
una strana coincidenza, sono ricordati gli uomini che governano e i tribolati.
Gli uni hanno bisogno di vedere il potere come «servizio che crocifigge», gli
altri, perché crocifissi, di riacquistare il posto dovuto nella considerazione
di tutti.
«Guarderanno colui che hanno
trafitto»
Il rifiuto di un
popolo riassume, in un certo senso, il rifiuto, l’ottusità, l’incredulità
dell’uomo di ogni tempo, posto di fronte ai valori di verità, di giustizia e di
amore che Dio ha rivelato in Gesù. La fede professa che il Giusto « morì per i
nostri peccati » (1 Cor 15,3): a motivo dei nostri peccati, del peccato
universale di tutta la famiglia umana; ma soprattutto morì a vantaggio di noi,
per la remissione dei peccati di tutti: Dio infatti ci ha perdonati e
riconciliati a sé per il sangue di Cristo (cf Il catechismo dei giovani, pp.
146.150).
Il gesto dell’adorazione della
croce diventa significativa risposta al dono immeritato, e avveramento della
parola profetica: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto!» (Zc 12,10;
Gv 19,37). Gesto di fede e di amore, riconoscimento della regalità salvifica di
Cristo e della speranza nata dalla croce; gesto di penitenza, ma anche di
impegno a vivere nell’obbedienza a Dio e a promuovere con tutte le forze la
verità e l’amore.
La comunione eucaristica, che
conclude l’azione liturgica, rende partecipi della morte gloriosa di Cristo e
dei suoi frutti: è inserimento nell’alleanza sigillata nel sangue dell’Agnello;
è accoglienza dello Spirito sgorgato dal costato di Cristo e che permette già ora
di partecipare alle nozze dell’Agnello, che avranno il loro pieno compimento
nella festa dei cielo (cf Ap 19,7-9).
Via Crucis in
Chiesa
Meditazioni di S.E. Mons. Giancarlo BREGANTINI,
per la Via Crucis al Colosseo
con Papa Francesco nel 2014
e animata
con il canto dal coro “Nuovo Auricorale
Vivavoce”,
diretto dal maestro
Monica Cesar
Saluto del Celebrante
Dal Vangelo secondo Giovanni
«Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua
testimonianza è vera ed egli sa di dire il vero, perché anche voi crediate.
Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: “Non gli sarà spezzato
alcun osso”. Ed un altro passo della Scrittura dice, ancora: “Volgeranno lo
sguardo a colui che hanno trafitto”» (Gv 19,35-37).
Preghiamo
Padre, fonte d’Amore,
che hai tanto amato il mondo
da dare il tuo dilettissimo Figlio
per la nostra salvezza,
visita con il tuo Santo Spirito
le profondità del nostro cuore,
perché, percorrendo la Via della Croce,
ci lasciamo trasformare interiormente,
e diventiamo per i nostri fratelli
segni vivi della tua misericordia.
E tu, Madre della divina Misericordia,
accompagnaci lungo il cammino,
negli intricati sentieri della storia,
negli anonimi agglomerati urbani,
nei desolati deserti del non-senso,
dove ogni giorno l’uomo
è immerso nelle tenebre del Venerdì Santo
e attende una parola e un gesto
di umana-divina misericordia
per risorgere a vita nuova.
Amen.
I STAZIONE
Gesù condannato a
morte
Il dito puntato che accusa
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo,
Perché con la tua
Santa Croce hai redento il mondo.
«Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva
rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: “Crocifiggilo, crocifiggilo!”. Ed
egli, per la terza volta, disse loro: “Ma che male ha fatto costui? Non ho
trovato nulla in lui che meriti la morte”. Ma essi insistevano a gran voce.
Pilato, allora, decise che la loro richiesta fosse eseguita. Rimise in libertà
colui che era stato messo in carcere per rivolta e omicidio e che essi
richiedevano e consegnò Gesù al loro volere» (Lc 23,20-25).
Un
Pilato impaurito che non cerca la verità, il dito puntato di accusa ed il grido
crescente della folla inferocita sono i primi passi del morire di Gesù.
Innocente, come un agnello, il cui sangue salva il suo popolo. Quel Gesù che è
passato tra noi, sanando e benedicendo, ora viene condannato alla pena
capitale. Nessuna parola di gratitudine dalla folla, che sceglie invece
Barabba. Per Pilato, diventa un caso imbarazzante. Lo scarica alla folla e se
ne lava le mani, tutto attaccato al suo potere. Lo consegna, perché sia
crocifisso! Non vuole più sapere nulla di lui. Per lui, il caso è chiuso!
La
condanna sbrigativa di Gesù raccoglie così le facili accuse, i giudizi
superficiali tra la gente, le insinuazioni ed i preconcetti che chiudono il
cuore e si fanno cultura razzista, di esclusione e di “scarto”, con le lettere
anonime e le orribili calunnie. Accusati, si è subito sbattuti in prima pagina;
scagionati, si finisce in ultima!
E noi?
Sapremo avere una coscienza retta e responsabile, trasparente, che non volga
mai le spalle all’innocente, ma si schieri, con coraggio, in difesa dei deboli,
resistendo all’ingiustizia e difendendo ovunque la verità violata?
Preghiamo
Signore Gesù, ci sono mani che sostengono
e ci sono mani che firmano ingiuste condanne.
Fa’ che, sostenuti dalla tua grazia, non
scartiamo nessuno.
Difendici dalle calunnie e dalla menzogna.
Aiutaci a cercare sempre la verità, e a stare
dalla parte dei deboli,
capaci di accompagnare il loro cammino.
E dona la tua luce a tutti noi che ogni giorno
giudichiamo il prossimo.
Amen.
II STAZIONE
Gesù incontra la
Madre
Le lacrime solidali
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo,
Perché con la tua
Santa Croce hai redento il mondo.
«Simeone li benedisse e a Maria, sua madre,
disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e
come segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l’anima”» (Lc
2,34-35).
E’
carico di emozione e di lacrime struggenti questo incontro di Gesù con la sua
mamma Maria. Vi è espressa l’invincibile forza dell’amore materno che supera
ogni ostacolo e sa aprire ogni strada. Ma ancora più vivo è lo sguardo solidale
di Maria, che condivide e dona forza al Figlio. Si riempie così di stupore il
nostro cuore, nel contemplare la grandezza di Maria, in quel suo farsi, proprio
lei creatura, “prossima” con il suo Dio e per il suo Signore.
Raccoglie
tutte le lacrime di ogni mamma per i figli lontani, per i giovani condannati a
morte, trucidati o partiti per la guerra, specie i bambini-soldato. Vi sentiamo
il lamento straziante delle madri per i loro figli, morenti a causa dei tumori
prodotti dagli incendi dei rifiuti tossici.
Lacrime
amarissime! Solidale condivisione dello strazio dei figli! Mamme vigilanti
nella notte con le lampade accese, trepidanti per i giovani travolti dalla precarietà
o inghiottiti dalla droga e dall’alcol, specie il sabato notte!
Attorno
a Maria, non saremo mai un popolo orfano! Mai dimenticati. Come a san Juan
Diego, Maria offre anche a noi la carezza della sua consolazione materna e ci
dice: «Non si turbi il vostro cuore ...
non ci sono qui io, che sono tua Madre?» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 286).
Preghiamo
O Maria, Madre di misericordia, accorri ancora e
sempre
accanto all’uomo che soffre, all’uomo che cade,
all’uomo che dispera.
Con la tua materna, tenera presenza
aiutalo a continuare a credere e a sperare,
a camminare con Gesù
sulla via della Croce,
sapendo che essa sarà trasfigurata in via della Luce.
Amen.
III STAZIONE
Gesù è aiutato da
Simone di Cirene a portare la Croce
La mano amica che solleva
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo,
Perché con la tua
Santa Croce hai redento il mondo.
«Costrinsero a portare la sua croce un tale che
passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di
Alessandro e Rufo» (Mc 15,21).
Per
caso, passa Simone di Cirene. Ma diventa un incontro decisivo nella sua vita.
Tornava dai campi. Uomo di fatica e di vigore. Per questo è stato costretto a
portare la croce di Gesù, condannato a una morte infame (cfr Fil 2,8).
Ma da
casuale, quell’incontro si trasformerà in una sequela decisiva e vitale dietro
a Gesù, portando ogni giorno la sua croce, rinnegando se stesso (cfr Mt 16,24-25). Simone, infatti, è
ricordato da Marco come il padre di due cristiani conosciuti nella comunità di
Roma: Alessandro e Rufo. Un padre che ha di certo impresso nel cuore dei figli
la forza della croce di Gesù. Perché la vita, se te la tieni troppo stretta,
ammuffisce e si secca. Ma se la offri, fiorisce e si fa spiga di grano, per te
e per tutta la comunità!
Qui sta
la vera guarigione dal nostro egoismo, sempre in agguato. La relazione con gli
altri ci risana e genera una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare
alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano,
che sa sopportare le molestie del vivere, aggrappandosi all’amore di Dio. Solo
aprendo il cuore all’amore divino, sono spinto a cercare la felicità degli
altri nei tanti gesti del volontariato: una notte in ospedale, un prestito
senza interessi, una lacrima asciugata in famiglia, la gratuità sincera,
l’impegno lungimirante del bene comune, la condivisione del pane e del lavoro,
vincendo ogni forma di gelosia e di invidia.
E’ Gesù
stesso che ce lo ricorda: «Tutto quello
che avete fatto a uno solo di questi
miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me!» (Mt 25,40).
Preghiamo
Signore Gesù,
nell’amico Cireneo vibra il cuore della tua
Chiesa,
che si fa tetto di amore per quanti hanno sete di
te.
L’aiuto fraterno è la chiave per varcare,
insieme, la porta della Vita.
Non permettere che il nostro egoismo ci faccia
passare oltre,
ma aiutaci a versare l’olio della consolazione
sulle altrui ferite,
per farci leali compagni di strada,
senza fughe e senza mai stancarci di scegliere la
fraternità. Amen.
IV STAZIONE
Veronica asciuga
il volto di Gesù
La tenerezza femminile
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo,
Perché con la tua
Santa Croce hai redento il mondo.
«Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate
il mio volto!”. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non
abbandonarmi, Dio della mia salvezza» (Sal
27,8-9).
Gesù si
trascina a stento, ansimando. Ma la luce sul suo volto resta intatta. Non c’è
offesa che possa opporsi alla sua bellezza. Gli sputi non l’hanno oscurata. Gli
schiaffi non sono riusciti a spegnerla. Quel volto appare come un roveto
ardente che, più viene oltraggiato, più riesce ad emanare una luce di salvezza.
Scendono lacrime silenziose dagli occhi del Maestro. Porta il peso
dell’abbandono. Eppure, Gesù avanza, non si ferma, non torna indietro. Affronta
l’oppressione. E’ turbato dalla crudeltà, ma Lui sa che il suo morire non sarà
vano!
Gesù
allora si ferma di fronte ad una donna che gli viene incontro senza nessuna
esitazione. E’ la Veronica, vera immagine femminile della tenerezza!
Il
Signore qui incarna il nostro bisogno di gratuità amorevole, di sentirci amati
e protetti da gesti di premura e di cura. Le carezze di questa creatura si
bagnano del sangue prezioso di Gesù e sembrano togliere via gli atti di
profanazione che ha ricevuto in quelle ore di torture. La Veronica riesce a
toccare il dolce Gesù, a sfiorarne il candore. Non solo per alleviare ma per
partecipare al suo soffrire. In Gesù, riconosce ogni prossimo da consolare, con
tocco di tenerezza, per giungere al gemito di dolore di quanti oggi non
ricevono assistenza né calore di compassione. E muoiono di solitudine.
Preghiamo
Signore Gesù,
come pesa il distacco da chi pensavamo
ci stesse accanto nei giorni della desolazione!
Ma tu, avvolgici con quel panno
che porta impresso il sangue tuo prezioso,
che hai versato lungo la via dell’abbandono,
che anche tu patisti ingiustamente.
Senza di te, non abbiamo
né possiamo dare alcun sollievo. Amen.
V STAZIONE
Gesù è spogliato
delle vesti
L’unità e la dignità
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo,
Perché con la tua
Santa Croce hai redento il mondo.
«I soldati, poi, quando ebbero crocifisso Gesù,
presero i suoi vestiti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato e la
tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a
fondo. Perciò dissero tra loro: “non stracciamola, ma tiriamola a sorte a chi
tocca”. Così si compiva la Scrittura: Si sono spartiti tra loro i miei vestiti
e sulla mia tunica hanno tirato la sorte. Ed i soldati fecero così!»(Gv
19,23-24).
Neanche
un pezzetto di stoffa lasciarono che coprisse il corpo di Gesù. Lo denudarono.
Non aveva mantello né tunica, non veste alcuna. Lo denudarono come atto di
estrema umiliazione. Ciò che lo copriva era solo il sangue, che usciva a fiotti
dalle sue vaste ferite.
La
tunica resta intatta, simbolo dell’unità della Chiesa, un’unità da ritrovare in
un cammino paziente, in una pace artigianale, costruita ogni giorno, in un tessuto
ricomposto con i fili d’oro della fraternità, nella riconciliazione e nel
perdono reciproco.
In Gesù,
innocente, denudato e torturato, riconosciamo la dignità violata di tutti gli
innocenti, specialmente dei piccoli. Dio non ha impedito che il suo corpo,
spogliato, fosse esposto sulla croce. Lo ha fatto per riscattare ogni abuso,
ingiustamente coperto e dimostrare che Lui, Dio, è irrevocabilmente e senza
mezzi termini dalla parte delle vittime.
Preghiamo
Signore Gesù,
vogliamo tornare ad essere innocenti come
bambini,
per poter entrare nel regno dei cieli,
purificati dalle nostre sozzure e dai nostri
idoli.
Togli dal nostro petto il cuore di pietra delle
divisioni,
che rendono poco credibile la tua Chiesa.
Donaci un cuore nuovo ed uno spirito nuovo,
per vivere secondo i tuoi precetti
ed osservare e mettere in pratica le tue leggi.
Amen.
VI STAZIONE
Gesù è crocifisso
Al letto degli ammalati
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo,
Perché con la tua
Santa Croce hai redento il mondo.
«Poi lo crocifissero e si spartirono i suo
vestiti, tirando a sorte su di essi ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove
del mattino, quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua
condanna diceva: “Il re dei Giudei!”. Con lui crocifissero anche due banditi,
uno a destra ed uno alla sua sinistra. E si compì la Scrittura che dice: “E’
stato messo tra i malfattori!”» (Mc 15,24-28).
E lo
crocifissero! La pena degli infami,
dei traditori, degli schiavi ribelli. Questa è la condanna riservata al nostro Signore
Gesù: ruvidi chiodi, dolore lancinante, lo strazio della madre, la vergogna di
essere accomunato a due banditi, le vesti spartite come bottino tra i soldati,
le beffe crudeli dei passanti: «Ha
salvato gli altri, e non può salvare se stesso! Scenda dalla croce e crederemo
in lui!» (Mt 27,42).
E lo
crocifissero! Gesù non scende, non abbandona la croce. Resta, obbediente fino
in fondo alla volontà del Padre. Ama e perdona.
Anche
oggi, come Gesù, molti nostri fratelli e sorelle sono inchiodati ad un letto di
dolore, negli ospedali, nelle case di riposo, nelle nostre famiglie. E’ il
tempo della prova, in amari giorni di solitudine e anche di disperazione: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»
(Mt 27,46).
La
nostra mano non sia mai per trafiggere, ma sempre per avvicinare, consolare ed
accompagnare gli infermi, rialzandoli dal loro letto di dolore. La malattia non
chiede permesso. Giunge sempre inattesa. A volte sconvolge, limita gli
orizzonti, mette a dura prova la speranza. Amaro è il suo fiele. Solo se
troviamo, accanto a noi, qualcuno che ci ascolta, ci sta vicino, si siede sul
nostro letto … allora la malattia può diventare una grande scuola di sapienza,
incontro col Dio Paziente. Quando qualcuno prende su di sé le nostre infermità,
per amore, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale del Cristo
crocifisso e risorto. Quella che umanamente è una condanna, può trasformarsi in
un’oblazione redentrice, per il bene delle nostre comunità e famiglie.
Sull’esempio dei santi.
Preghiamo
Signore Gesù,
non stare lontano da me,
siediti sul mio letto di dolore e fammi
compagnia.
Non mi lasciare solo, stendi la tua mano e
sollevami!
Io credo che Tu sei l’Amore,
e credo che la tua volontà è l’espressione del
tuo Amore;
perciò mi affido alla tua volontà,
perché mi affido al tuo Amore. Amen.
VII STAZIONE
Gesù muore in
croce
Il gemito delle sette
parole
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo,
Perché con la tua
Santa Croce hai redento il mondo.
«Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era
compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: “Ho sete”. Vi era lì un
vaso pieno di aceto: posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima ad una
canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse. “E’
compiuto!”. E chinato il capo, consegnò lo spirito» (Gv 19,28-30).
Le sette
parole di Gesù sulla croce sono un capolavoro di speranza. Gesù, lentamente,
con passi che sono anche i nostri, attraversa tutto il buio della notte, per
abbandonarsi, fiducioso, nelle braccia del Padre. E’ il gemito dei morenti, il
grido dei disperati, l’invocazione dei perdenti. E’ Gesù!
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»
(Mt 27,46). E’ il grido di Giobbe, di
ogni uomo colpito dalla sventura. E Dio tace. Tace perché la sua risposta è lì,
sulla croce: è Lui, Gesù, la risposta di Dio, Parola eterna incarnata per
amore.
«Ricordati di me…» (Lc 23,42). L’invocazione fraterna del malfattore, fatto compagno di
dolore, penetra nel cuore di Gesù, che vi sente l’eco del suo stesso dolore. E
Gesù ascolta quella supplica: «Oggi con
me sarai nel paradiso». Sempre ci redime il dolore dell’altro, perché ci fa
uscire da noi stessi.
«Donna, ecco tuo figlio!…» (Gv 19,26). Ma è la sua Madre, Maria, che
con Giovanni stava sotto la croce, a
spezzare la paura. La riempie di tenerezza e di speranza. Gesù non si sente più
solo. Come per noi, se accanto al letto del dolore c’è chi ci ama! Fedelmente.
Fino in fondo.
«Ho sete» (Gv 19,28). Come il bambino chiede da bere alla mamma; come il
malato riarso dalla febbre… Quella di Gesù è la sete di tutti gli assetati di
vita, di libertà, di giustizia. Ed è la sete del più grande assetato, Dio, che,
infinitamente più di noi, ha sete della nostra salvezza.
«E’ compiuto!» (Gv 19,30). Tutto: ogni parola, ogni gesto, ogni profezia, ogni
attimo della vita di Gesù. L’arazzo è completato. I mille colori dell’amore ora
rilucono in bellezza. Nulla è andato sprecato. Nulla gettato via. Tutto è
diventato amore. Tutto consumato per me e per te! E allora, anche il morire ha
un senso!
«Padre, perdona loro perché non sanno quello
che fanno» (Lc 23,34). Ora,
eroicamente, Gesù esce dalla paura della morte. Perché se viviamo nell’amore
gratuito, tutto è vita. Il perdono rinnova, risana, trasforma e consola! Crea
un popolo nuovo. Ferma le guerre.
«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Non più la disperazione del nulla. Ma fiducia piena
nelle sue mani di Padre, l’adagiarsi nel suo cuore. Perché in Dio, ogni
frazione si compone, finalmente, in unità!
Preghiamo
O Dio, che nella passione del Cristo nostro
Signore
ci hai liberato dalla morte, eredità dell’antico
peccato,
trasmessa a tutto il genere umano, rinnovaci ad
immagine del tuo Figlio;
e come abbiamo portato in noi, per la nostra
nascita, l’immagine dell’uomo terreno,
così per l’azione del tuo Spirito fa’ che
portiamo l’immagine dell’uomo celeste.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
VIII STAZIONE
Gesù deposto
dalla croce
L’amore è più forte della
morte
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo,
Perché con la tua
Santa Croce hai redento il mondo.
«Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatea,
chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si
presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse
consegnato» (Mt 27,57-58).
Prima di
essere sepolto nella tomba, Gesù viene consegnato finalmente a sua Madre. E’
l’icona di un cuore strappato che ci dice che la morte non impedisce l’ultimo
bacio della madre al figlio suo. Prostrata sul corpo di Gesù, Maria s’incatena
in un abbraccio totale a Lui. Questa icona è chiamata semplicemente “Pietà”. E’
straziante, ma l’amore è più forte della morte! L’amore puro è quello duraturo.
La sera è giunta. La battaglia è vinta. L’amore non è stato spezzato. Chi è
pronto a sacrificare la sua vita per Cristo, la ritroverà. Trasfigurata, oltre
la morte.
Pietà
allora significa farsi prossimi dei fratelli che sono nel lutto e non si danno
pace. E’ carità grande prendersi cura di chi sta soffrendo nel corpo piagato,
nella mente depressa, nell’animo disperato. Amare fino alla fine è
l’insegnamento supremo lasciatoci da Gesù e da Maria. E’ la quotidiana fraterna
missione di consolazione, che ci viene consegnata in questo fedele abbraccio
tra Gesù morto e la sua Madre Addolorata.
Preghiamo
O Vergine Addolorata,
tu nei nostri santuari ci mostri il tuo volto di
luce,
mentre con gli occhi al cielo
e le mani aperte
offri al Padre, in segno di offerta sacerdotale,
la vittima redentrice del tuo Figlio Gesù.
Rivelaci la dolcezza dell’ultimo fedele abbraccio
e donaci la tua materna consolazione,
perché il dolore quotidiano
mai interrompa la speranza della vita oltre la
morte. Amen.
IX STAZIONE
Gesù è posto nel
sepolcro
Il giardino nuovo
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo,
Perché con la tua
Santa Croce hai redento il mondo.
«Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi
era un giardino e nel giardino vi era un sepolcro nuovo, in cui nessuno era
stato ancora deposto. Là deposero Gesù» (Gv 19,41-42).
Quel
giardino in cui si trova la tomba, dove viene sepolto Gesù, ricorda un altro
giardino: quello dell’Eden. Un giardino che a causa della disobbedienza perse
la sua bellezza e divenne desolazione, luogo di morte e non più di vita.
I rami
selvatici che ci impediscono di respirare la volontà di Dio, come
l’attaccamento al denaro, alla superbia, allo spreco della vita, vanno tagliati
e innestati ora al legno della Croce. E’ questo il nuovo giardino: la croce
impiantata nella terra!
Da
lassù, Gesù potrà ormai riportare tutto alla vita. Una volta ritornato dagli
abissi infernali, dove Satana ha rinchiuso un gran numero di anime, avrà inizio
il rinnovamento di tutte le cose. Quel sepolcro rappresenta la fine dell’uomo
vecchio. E come per Gesù, anche per noi Dio non ha permesso che i suoi figli
fossero castigati dalla morte definitiva. Nella morte di Cristo decadono tutti
i troni del male, basati sull’avidità e la durezza del cuore.
La morte
ci disarma, ci fa capire che siamo esposti ad un’esistenza terrena che ha un
termine. Ma è davanti a quel corpo di Gesù, deposto nel sepolcro, che prendiamo
coscienza di chi siamo. Creature che, per non morire, hanno bisogno del loro
Creatore.
Il
silenzio che avvolge quel giardino ci permette di ascoltare il sussurro di una
brezza leggera: «Io sono il Vivente e
sono con voi» (cfr Es 3,14). Il
velo del tempio è squarciato. Finalmente vediamo il volto del nostro Signore. E
conosciamo in pienezza il suo nome: misericordia e fedeltà, per non restare mai
confusi, nemmeno davanti alla morte, perché il
Figlio di Dio fu libero in mezzo ai morti(cfr Sal 88,6 Vulg.).
Preghiamo
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Tu sei la mia parte di eredità e mio calice,
nelle tue mani è la mia vita.
Ti pongo sempre davanti a me, come mio Signore,
stai alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo, gioisce il mio cuore ed esulta la mia
anima,
anche il mio corpo riposa al sicuro.
Non abbandoni la mia vita negli inferi
né lasci che il tuo servo veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fina alla tua destra. Amen.
(cfr Sal 15)
Conclusione
Preghiamo
Amabile
Gesù,
salisti
al Golgota senza esitare, compimento d’amore,
e ti
lasciasti crocifiggere senza lamenti.
Umile
Figlio di Maria,
prendesti
il carico della nostra notte
per
mostrarci di quanta luce
volevi
dilatarci il cuore.
Nei tuoi
dolori, è la nostra redenzione,
nelle
tue lacrime si dipinge “l’Ora”
dello
svelamento dell’Amore gratuito di Dio.
Sette
volte perdonati,
nei tuoi
ultimi sospiri di Uomo tra gli uomini,
ci
riporti tutti al cuore del Padre,
per
indicarci, nelle tue ultime parole,
la via
della redenzione per ogni nostro dolore.
Tu, il
Tutto Incarnato, ti annienti sulla Croce,
compreso
solamente da Colei, madre,
che
fedelmente “stava” sotto quel patibolo.
La tua
sete è fonte di speranza sempre accesa,
mano
tesa anche per il malfattore pentito,
che
oggi, grazie a te, dolce Gesù, entra in paradiso.
A tutti
noi, Signore Gesù Crocifisso,
concedi
la tua infinita Misericordia,
profumo
di Betania sul mondo,
gemito
di vita per l’umanità.
E,
finalmente abbandonati alle mani del Padre tuo,
aprici
la porta della Vita che non muore! Amen.
Padre nostro…
Benedizione